Avevo già parlato della proposta francese contro la pirateria online ed il peer to peer e delle linee che intendeva prendere il Governo italiano, cioè quella di seguire (o scopiazzare) il modello di Sarkozy.
Non ho saputo nulla di quel tavolo (al quale non sedevano organizzazioni di consumatori), quali conclusioni avesse portato, fino a quando non ho letto da Stefano che c’è stata una piccola rivolta.
Tutto ciò accade mentre in Francia continua la battaglia tra distributori ed etichette musicali, YouTube toglie l’audio ai video con canzoni protette da copyright ritenendolo un passo in avanti.
Da un’altra parte invece c’è chi sostiene che scaricare fa bene alla cultura quasi fosse terapeutico, che la pirateria è dannosa per il noleggio di DVD e probabilmente non danneggia le vendite anzi in un certo senso le favorisce. Vuoi un esempio concreto? Gli episodi gratuiti di Monty Python presenti su YouTube hanno aumentato le vendite dei DVD del 23000%.

Ci vorrebbero dei dati ma sarebbe una misurazione difficile da fare, un po’ come il passaparola di un prodotto tra amici, del buzz marketing: la storia che chi scarica da Internet, musica o film, poi non acquista nulla o non va al cinema mio avviso non è corretta. E vanno divise anche le produzioni artistiche: quelle musicali da quelle cinematografiche.

Su Internet funziona il modello on demand, ci sono social radio come Jango, Deezer, o servizi quali Spotify, Last.fm, MySpace: si tratta di un database di canzoni così vasto da superare gli scaffali dei supermercati ed invogliare quindi l’acquisto.
Esistono infatti tantissimi store online che permettono di ascoltare gratuitamente tantissimi brani musicali in MP3 senza doverli necessariamente acquistare (e senza il DRM): di recente ad esempio è stato aperto l’italiano Dada Music Store del quale online ci sono già pareri.
Tutto ciò non produce un movimento culturale e d’interesse, se vuoi anche un possibile mercato al quale le grandi produzioni possono guardare con attenzione?
Mi fugge la direzione vera della politica, se è quella che intende proteggere alcuni interessi o fare norme serie e distinguere l’illegalità del profitto dall’interesse culturale che andrebbe invece incoraggiato, come proposte quali quella francese, questa si, davvero interessante, di dare un abbonamento gratuito ad un quotidiano ai neo 18 enni. La cultura deve avere un costo? Bella domanda.

Le ADSL in fondo sono nate e si sono diffuse anche per fornire più velocità (e dunque navigare/scaricare “meglio”) ed abitare la Rete, non viverla solo passivamente. Hanno creato una “cultura” sotterranea aumentando gli interessi di molte persone, aprendo orizzonti prima inimmaginabili, avvicinando idee e costumi. Secondo gli ultimi dati sono circa 21 milioni gli Italiani su Internet (ed è interessante il dato sugli americani che non intendono stare online).
Ora che tutte queste persone sono connesse in uno spazio che risulta essere in continua espansione (basti guardare alla mania italiana di Facebook) avere un approccio da medioevo risulterebbe completamente obsoleto, inutile. Guardo con curiosità ed attenzione all’unione tra SIAE e Creative Commons perchè potrebbero definire questo nuovo concetto di “pirateria culturale” e passare al passo successivo: eliminare definitivamente l’aggettivo “pirata”. Resta da sapere, al più presto possibile, come intendono interfacciarsi con la politica italiana.

[UPDATE]

– Guido Scorza scrive un bel post parlando di anticultura: preoccupa nuovamente la presa di posizione della SIAE. Mi sono illuso, insomma?

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